Open Dialogues - Francia, Germania, Usa e Fvg: le relazioni della regione con i Paesi di riferimento
Si conclude la prima giornata (giovedì 6) di Open Dialogues for the future.
Una maggior alleanza fra Paesi europei e cooperazione fra democrazie occidentali.
Nella seconda parte del primo pomeriggio di Open Dialogues, in Fondazione Friuli, il rafforzamento delle collaborazioni è stato il filo rosso di tutti gli interventi.
Dapprima nel dibattito, moderato da Filippo Malinverno di Ambrosetti, fra il governatore del Fvg Massimiliano Fedriga e il direttore scientifico di Odff Federico Rampini.
«Dobbiamo iniziare a fare una politica europea che guardi con attenzione all’alleanza con tutte le democrazie occidentali e dobbiamo anche trovare una barriera che possa permetterci di autosostenersi in caso di criticità”, ha esordito Fedriga, che ha parlato in particolare di questione energetica. “Siamo il Paese che ha messo al bando il nucleare – ha detto –, quando è prodotta a pochi metri da casa nostra».
Fedriga ha stigmatizzato le contrarietà che emergono «quando si parla di rigassificatori o centrali a biogas», evidenziando che è necessario «governare con visione di lungo periodo, tornando a scelte di responsabilità dei governi e non cercando il consenso a prescindere».
Fedriga ha poi parlato dei principali partner economici del Fvg, a partire dagli Stati Uniti, che rappresentano il 12% dell’export totale.
Il Governatore ha sottolineato poi la necessità «di differenziare. Parlo di Giappone, India, Medio Oriente».
Degli Stati Uniti, dove la regione ha intensificato le relazioni economiche negli ultimi anni, Fedriga ha evidenziato la capacità di attrarre finanziamenti e quella di accettare la cultura del rischio e la possibilità di fallimento.
«Su queste cose dagli Usa possiamo imparare. Lì ci sono più opportunità di crescere perché ci sono sviluppati questi due fattori, le risorse e la capacità e possibilità di rischiare».
Sulle scelte dell’Europa in tema di intelligenza artificiale, Fedriga ha evidenziato come è stato fatto un regolamento che «sulla carta è perfetto ma di fatto limita in modo importante lo sviluppo di tecnologia europea. Il rischio è che Cina e Usa producano e sviluppino e noi facciamo regolamenti. Ci deve essere anche una autonomia tecnologica», ha chiosato Fedriga. (intervento ufficiale di Fedriga da Agenzia Regione Cronache)
Il primo pomeriggio di Open Dialogues si è concluso con un ultimo panel che ha visto un confronto sul ruolo di Italia, Francia e Germania ed è stato introdotto da Martin Briens, ambasciatore di Francia in Italia (in videocollegamento) e da Benjamin Hanna, viceambasciatore di Germania in Italia.
A discutere in sala assieme a Rampini sono stati Paolo Mieli, storico, saggista ed editorialista, Gilles Gressani, direttore di Le Grand Continent, e Wolfgang Munchau, direttore di Eurointelligence.
Mieli ha sottolineato che «la guerra d’Ucraina non è paragonabile ad altre guerre nel passato. È combattuta da tre anni e la pace che si deve ottenere è una pace eccezionale».
Il ruolo dell’Europa? Quello di essere «sciolta e rifondata», ha detto Mieli.
È necessario un suo ritorno alle origini e ai due capisaldi in cui Francia e Germania, assieme all’Italia, giocano un ruolo da protagoniste.
Mieli ha ricordato che hanno davanti a sé uno straordinario biennio. Quello di avvio di Merz, cancelliere diversissimo dai predecessori, e quello della Francia che «negli ultimi tempi ha preso una posizione di fermezza e confido che, essendo il biennio finale e conclusivo e non avendo interessi di ricandidatura, giochi la carta dell’immagine che lascerà alla storia».
Tutto questo, per Mieli in coincidenza con un’Italia con un governo stabile e affidabile, così giudicato da tutti gli analisti internazionale. Mieli ha ricordato che la presidente del consiglio è stata l’unica nel consesso di conservatori americani a ribadire una coerenza pro Zelensky che è stata anche una coerenza con un governo, quello di Draghi, di cui era all’opposizione.
«La democrazia ha una duttilità, ha detto Mieli, che ha affermato di fidarsi dell’Europa, della Germania, della Francia e dell’Italia e anche delle prospettive che ci sono. C’è un solo “ma” e sono i tempi – ha concluso Mieli –: l’Europa ha bisogno di essere di essere sciolta e rifondata in questo biennio».
Per Gressani «Siamo di fronte a Stati Uniti che stanno cercando di fare del regime change in Europa, ha detto.
Gressani ha anche parlato di una forma di «contaminazione imperiale inquietante, basata su rapporti di forza. Che cosa dobbiamo fare, dunque? Se non facciamo niente «probabilmente si stia aprendo il secolo dell’umiliazione europea», ha detto Gressani.
C’è una soluzione intermedia ed è quella di «vassallaggio felice», una fase in cui forse non abbiamo la forza di darci un progetto e parliamo di alleanza con gli Usa anche se oggi la relazione è totalmente asimmetrica.
Munchau ha infine parlato di “Kaput”, il suo ultimo libro, appena uscito in versione italiana, che affronta che cosa è successo all’economia tedesca – «e sarebbe un titolo che farei per tante altre economie europee che sono sconnesse dalle tecnologie più attuali e dalla digitalizzazione», ha evidenziato.
«Sono felice che Italia stia facendo meglio della Germania – ha detto –, ma comunque non è sufficiente».
L’Europa non ha generato giganti tecnologici, come Usa e Cina, ha sottolineato Munchau, e tutto questo ha a che fare con i sistemi finanziari, con le modalità di lavoro, le relazioni fra università e imprese.
«È un momento molto delicato in cui dobbiamo stare molto attenti e intelligenti su come spendiamo il denaro e facciamo investimenti».
Per Munchau stiamo sottostimando soprattutto la portata dei dazi che Trump imporrà in Europa e che andranno a pesare molto, soprattutto sulla Germania e sul sistema dell’auto.
IL PROGRAMMA DI DOMANI
Venerdì 7 i lavori si aprono alle 10 nella Sala Valduga della Camera di Commercio (ingresso da piazza Venerio 8). Con la moderazione di Malinverno di Ambrosetti, il dibattito verterà su “Comprendere gli Stati Uniti: strategie internazionali e dinamiche interne della superpotenza americana”.
La panoramica iniziale sarà offerta da Rampini, che introdurrà il videocommento, realizzato appositamente per Odff, dell’ex direttore della Cia David Petraeus. Quindi la discussione in sala Valduga proseguirà con il politologo e saggista Robert D. Kaplan e, in collegamento, Benedetta Berti, director of Policy Planning della Nato e Alessandro Terzulli, chief economist di Sace.
Alle 12, il focus sui rapporti economici Fvg-Usa, con gli interventi di Robert Allegrini, presidente del Niaf, Camilla Benedetti, vicepresidente di Danieli, e Lydia Alessio - Vernì direttrice Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa della Regione.
Nel pomeriggio, il gran finale, all’Auditorium Sgorlon dell’Università, in via Margreth.
Comincia alle 14.45 il dibattito conclusivo su giovani e innovazione per la competitività delle imprese. Padrone di casa il rettore dell’ateneo udinese, Roberto Pinton, che dopo il suo intervento passerà il microfono ad Alec Ross, docente alla Bologna Business School, imprenditore ed esperto di politiche tecnologiche, Elena Alberti, ad di Penske Automotive Italy, Angelo Montanari, professore di Computer Science all’Università di Udine e Alessandro Piol presidente di Epistemic Ai.
A chiudere l’edizione 2025 di Open Dialogues saranno infine il presidente Cciaa Pn-Ud Giovanni Da Pozzo e il direttore scientifico Federico Rampini.
Media partner dell’evento 2025 sono Corriere della Sera, Gruppo Nem, Rai Fvg e Ansa Fvg.
I canali ufficiali sui cui si parlerà dell’evento sono:
- Camera di Commercio di Pordenone-Udine:
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