Open Dialogues - Le sfide dell’Europa nell’instabilità internazionale
I dibattiti del pomeriggio di giovedì 6 in Fondazione Friuli e la conversazione fra il presidente Fedriga e il direttore di Open Dialogues Rampini.
L’Italia è costituita per oltre il 95% da piccole e medie imprese ed è specializzata nei settori più tradizionali.
È però in questi settori che l’innovazione può entrare creando più valore aggiunto.
Il tema delle imprese è entrato nel vivo del dibattito del primo pomeriggio di Open Dialogues for the future (giovedì 6), che si è sviluppato nella sede della Fondazione Friuli in via Gemona, dove ad accogliere relatori e ospiti è stato il presidente Giuseppe Morandini.
«Stanno saltando gli schemi e i giocatori in campo chiedono quale sarà il loro ruolo, in un domani in cui un nuovo ordine si comporrà – ha esordito Morandini –. Se c’è un messaggio forte che vogliamo dare da questa iniziativa deve essere come primo riferimento un contesto competitivo, con la percezione diffusa e comune del valore di avere qui le produzioni. Un contesto che non si crea per norma e che deve essere un contesto semplice. Dove imprenditrici e imprenditori possono esprimere potenzialità».
Il programma del pomeriggio è stato ricchissimo (realizzato sotto il cappello di Een-Enterprise Europe Network) e ha visto in apertura anche l’intervento del presidente di Ice Matteo Zoppas.
«Dal 2019 – ha detto il presidente –, abbiamo attraversato pandemia e guerre, sono schizzati i costi dell’energia, ci sono stati grossi problemi sui costi dei trasporti e delle merci. Nonostante ciò le esportazioni italiane in questi anni sono cresciute del 30% e contano più di un terzo del Pil. Dunque piuttosto che non comprare made in Italy, nel mondo hanno preferito pagarlo di più».
Ma la forza del Made in Italy, ha ammonito Zoppas, «va coltivata, ne va mantenuto alto il valore. Dobbiamo lavorare in energia e innovazione soprattutto. Fare una forte riflessione su chi siamo e vogliamo essere. Il Made in Italy deve continuare a essere presentato come migliore e non dobbiamo darlo per scontato».
Quindi è seguito il dibattito su Europa e Italia di fronte alle sfide della competitività, con Riccardo Crescenzi della London School of Economics, Brunello Rosa senior executive fellow di Economics, Sda Bocconi School of Management, Marco Martella, professore e già direttore della Banca d’Italia a Trieste.
«L’incertezza che caratterizza il contesto ci porta a una difficoltà di fare previsioni, ma dobbiamo riflettere su alcuni parametri – ha detto Crescenzi –. Ciò che succede alla imprese quando si fa reshoring: l’intuizione di Trump è inserire barriere al commercio internazionale, inducendo le imprese locali a produrre in Usa e le estere a investirvi, credendo che le imprese reimportino anche lavoro e vadano a ricostituire quelle mansioni che si erano spostate in Paesi a basso costo. Ciò che si vede è che però, riportato in casa, il lavoro viene sostituito da automazione invece che da persone. Dunque il lavoro viene riportato solo per personale a più alta qualifica».
Rosa ha quindi analizzato le guerre non convenzionali in atto, «guerra commerciale, con i dazi, guerra tecnologica e una riconfigurazione delle catene del valore globale» e si è soffermato sul potere delle Central bank digital currency, che la Cina ha emesso più di 10 anni fa e oggi risulta dunque la più rilevante, con i problemi di controllo sugli altri Paesi che questa predominanza sta già portando.
Martella ha quindi analizzato la situazione internazionale attraverso i dati.
«Gli Usa – ha spiegato – sono cresciuti perché sono stati fatti molti investimenti in ambito tecnologico, a differenza dell’Italia».
Che, inoltre, ha perso molta competitività anche in confronto con la Germania, parlando di produttività del lavoro.
«Se l’italia continuerà a essere specializzata in settori a bassa tecnologia resterà marginale», ha avvisato Martella, secondo cui è possibile reagire attraverso una crescita dimensionale delle imprese e un aumento degli investimenti in tecnologia, digitalizzazione e istruzione della popolazione.
Al dibattito a più voci è seguita una conversazione fra il direttore Rampini ed Enzo Mattioli Ferrari, ceo di Ferrari Family Investments, che si è soffermata sul caso aziendale di Mattioli Ferrari, sull’innovazione e il mercato del lavoro globale dei giovani.
La riflessione di Open Dialogues si sposta ora (h 16:00) sul Friuli Venezia Giulia nello scacchiere internazionale e assieme a Rampini dialogherà il presidente della Regione Massimiliano Fedriga.
Concluderà il pomeriggio un confronto sul ruolo di Italia, Francia e Germania e sarà introdotto da Martin Briens, ambasciatore di Francia in Italia (in videocollegamento) e da Benjamin Hanna, viceambasciatore di Germania in Italia.
A discutere in sala assieme a Rampini saranno quindi Paolo Mieli, storico, saggista ed editorialista, Gilles Gressani, direttore di Le Grand Continent, e Wolfgang Munchau, direttore di Eurointelligence.
Media partner dell’evento 2025 sono Corriere della Sera, Gruppo Nem, Rai Fvg e Ansa Fvg.
Le prenotazioni per partecipare in presenza restano aperte, come detto, solo per l’incontro conclusivo di venerdì pomeriggio e per gli altri dibattiti sono dunque chiuse. Chi si non è riuscito a iscriversi può comunque seguire tutto l’evento in diretta streaming, su » https://opendialogues.eu/ (link esterno) sito ufficiale della manifestazione, o iscrivendosi al canale YouTube della Camera di commercio di Pordenone-Udine, » UP! Economia - YouTube (link esterno). I video resteranno online anche a manifestazione conclusa. Sul sito è sempre disponibile il programma aggiornato in tempo reale e per raccontare l’evento sui social network attraverso si potrà usare l’hashtag dedicato #Odff2025.
I canali ufficiali sui cui si parlerà dell’evento sono:
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