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Ottimismo, regole chiare, possibilità di imparare dai fallimenti: le parole di Open Dialogues per i giovani e una società innovativa

 

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L’ultimo dibattito all’Auditorium Sgorlon dell’Uniud. Con Alec Ross ed Elena Alberti, i professori Montanari e Piol si è sviluppato l’ultimo dibattito dell’edizione 2025 di Odff. In chiusura, i saluti conclusivi di Da Pozzo e Rampini.

Cambiare il paradigma culturale italiano sull’innovazione e i giovani per permettere all’Italia di fare quello scatto indispensabile per ritornare a essere protagonista a livello internazionale.
Ottimismo, regole chiare, meritocrazia, ascolto. Possibilità di sbagliare, imparare, ripartire. Sono alcune delle parole che hanno contraddistinto l’ultimo panel di Open Dialogues for the Future, la due-giorni ideata e organizzata dalla Camera di commercio di Pordenone-Udine con la collaborazione di The European House – Ambrosetti e la direzione scientifica di Federico Rampini.
Il forum, che ha ricevuto un’elevatissima e calorosa partecipazione di pubblico in tutti i confronti proposti e che è stato molto seguito anche in diretta streaming (i video resteranno online sul canale YouTube della Camera di commercio), ha visto alternarsi 36 relatori, esperti, accademici, imprenditori internazionali e istituzioni nelle quattro sedi: la Chiesa di San Francesco, la Fondazione Friuli, la sede della Cciaa stessa, l’Auditorium Sgorlon, a testimonianza della rete fra istituzioni che, assieme alla Cciaa, hanno sostenuto l’evento, cioè Regione Fvg, Comune di Udine, Fondazione Friuli, la collaborazione dell’Università di Udine e il patrocinio di Unioncamere e del Ministero delle imprese e made in Italy.

A dare il via ai lavori in questo pomeriggio conclusivo, il rettore dell’ateneo udinese, Roberto Pinton, che dopo il suo intervento ha passato il microfono a Filippo Malinverno di Ambrosetti, coordinatore del programma dell’intero forum e moderatore dell’incontro. Ad Alec Ross, docente alla Bologna Business School, imprenditore ed esperto di politiche tecnologiche, ed Elena Alberti, ad di Penske Automotive Italy, il compito, svolto egregiamente, di scaldare la sala con analisi, idee, moltissimo entusiasmo e positività.

Cosa fare dunque in Italia per costruire un ambiente favorevole ai giovani e all’innovazione?
Ross ha elencato sei concetti. Primo, rinunciare all’idea di conformismo, conformismo di pensiero e apparenza, perché start up e innovazione nascono dove il conformismo non c’è.
«Dobbiamo poi cambiare la concezione di “giovane” – ha detto Ross –. Tutte le big tech americane hanno avuto fondatori giovanissimi, addirittura molti sotto i 20 anni. Per questi giovani sarebbe stato impensabile in Italia raccogliere i fondi per fondare imprese: non sarebbero stati ascoltati neanche per 30 secondi. Qui si parla di giovani intendendo i 30enni e i 40enni, ma non sono questi i giovani».
Per Ross dobbiamo inoltre cambiare l’approccio all’imprenditorialità: non si fa impresa innovativa con la mentalità di un avvocato, un commercialista o un notaio.
Tutte figure fondamentali, per Ross, ma che hanno un ruolo completamente diverso rispetto a chi vuole dare avvio a una nuova impresa. Ross ha quindi parlato del ruolo dell’Università italiana, dove c’è spesso un muro tra mondo accademico e della ricerca e quello della commercializzazione.
«Spesso gli accademici pensano all’aspetto commerciale come a una cosa “sporca”, ma in realtà è un aspetto che può validare la ricerca. Dobbiamo perciò – ha rimarcato – creare ponti fra il genio giovane e le opportunità nel mondo del capitale e dell’imprenditorialità».
Altra parola chiave di Ross è stata “audacia”.
«Solo gli ottimisti cambiano il mondo – ha detto –. Con l’ottimismo molto spesso viene anche il fallimento, ma qui in Italia puniamo troppo il fallimento, è trattato come uno scandalo. Per essere giovani innovatori si fallisce spesso. Invece di trattare ogni sbaglio come uno scandalo, dobbiamo trattarlo come un momento di apprendimento. E così avremo più audacia. Se i nostri giovani hanno paura, non avranno audacia per innovare, per fare cose nuove».
Infine, l’invito a “crederci”. A credere che “si può”.
«Non c’è altro Paese al mondo delle dimensioni dell’Italia che ha un elenco di così lungo di invenzioni straordinarie negli ultimi 500 anni».
Lampadina, microscopio, occhiali, pc, radio, nitroglicerina, sono solo alcune delle invenzioni italiane elencate da Ross.
«C’è qualcosa nel dna italiano che collega innovazione con umanesimo, collega gli sviluppi tecnologici e scientifici con l’umanesimo – ha sottolineato –. Ma siamo stati un po’ bloccati negli ultimi 20 anni. Invece di essere colonizzati noi possiamo essere protagonisti nell’innovazione se ci crediamo».

Tutti concetti ripresi dalla Alberti, dalla prospettiva di un’italiana a cui l’America “ha insegnato moltissimo”.
«Quando sono andata negli Usa a 22 anni – ha raccontato – la prima cosa che ho notato è che la gente mi ascoltava, nel mondo imprenditoriale. Io mi sono sentita alla pari, se non addirittura lodata per l’entusiasmo e la voglia di fare che viene riconosciuta agli italiani. Io ho pensato di dover uscire dall’Italia per fare quello che volevo e questo non è bello, perciò nella mia realtà cerco di mettere in pratica quella mentalità che cerca di abbattere quel muro che troppo spesso i giovani italiani si trovano davanti».
La critica mossa all’Italia dalla Alberti è quella di considerare i giovani «sempre troppo giovani per potersi affermare nel mondo imprenditoriale».
Così nel suo gruppo ho ricreato «un po’ di “americanità”, un approccio molto meritocratico e di regole chiare, dove talento e volontà prevalgono. Un italiano messo in un ambiente realmente meritocratico brilla», ha assicurato.

Angelo Montanari, professore di Computer Science all’Università di Udine, ha quindi presentato un progetto ambizioso che sta portando avanti in ateneo assieme ad altre 8 università del Triveneto, cioè Inest.
Il budget totale è 110 milioni, 45 dei quali sono dedicati a open call in cui «non sono le aziende a cercare universitari, ma le università a chiedere alle aziende di lavorare insieme su alcuni temi di comune interesse».
«I numeri, ha detto il professore, sono inattesi: abbiamo reclutato 424 giovani ricercatori e oltre il 40% donne. Abbiamo fatto due call con 397 partecipanti fra le imprese, alcune aziende da sole altre in gruppo. Il numero totale di aziende che ha presentato progetti è 792 e sono realtà della manifattura avanzata, dell’industria culturale, della santità, di tantissimi altri ambiti».
Il futuro di Inest? «Non tutti i ricercatori resteranno in Università – ha detto Montanari –, ma questo possiamo leggerlo in modo positivo. Sono persone che sperabilmente andranno a innervare il tessuto industriale del territorio. La scommessa è proprio che possano radicarsi fuori dall’ateneo, ma restare nel nostro territorio».

Alessandro Piol, presidente di Epistemic Ai, ha infine insistito su un aspetto.
«Se uno non è innovativo, oggi non è competitivo – ha detto –. Ormai per le grosse imprese è difficile essere abbastanza innovative. Una delle cose fatte negli ultimi 15-20 anni negli Usa è che molte imprese hanno creato gruppi di corporate venture capital, gruppi di investimento che investono in società giovani con cui fare delle alleanze. Perché questo è l’unico modo che hanno per esserci: capire l’innovazione e avere tecnologie e prodotti innovativi che possano aiutare il proprio business. Su questo in Italia siamo abbastanza indietro».

Media partner dell’evento 2025 sono Corriere della Sera, Gruppo Nem, Rai Fvg e Ansa Fvg.

I canali ufficiali sui cui si parlerà dell’evento sono:

 

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Data di Aggiornamento
10/03/2025 - 08:50